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antropologa
In questo momento drammatico per il nostro Paese l’unica cosa che ha veramente importanza strategica e' la sfida
dell’ARTE. Perche' di fronte alla sfida dell’arte tutte le altre difficolta' non hanno piu' importanza.
Carissime persone meravigliose che trovate il tempo per leggermi, oggi ho una grande notizia da darvi: ad Alcatraz, la
Libera Repubblica che ben resiste, c’e' stata un’esplosione di musica e rivoluzione. Una cosa veramente scioccante.
Mentre vi scrivo il fenomeno e' ancora in corso. Ma non si tratta solo di musica, c’e' stato un incontro di esseri umani
che negli anni hanno seguito strade parallele. Si e' parlato, raccontato storie, sogni e sensazioni. Lo so che qualcuno
stara' pensando che sto pompando un articolo pubblicitario. Invece vi voglio parlare di un evento umano e politico.
In effetti non abbiamo mai, neanche per sbaglio, nominato il deludente momento politico che stiamo attraversando.
Avevamo altri grilli per la testa.
Cerco di spiegarmi con un minimo di ordine senno' rischio di fare un discorso emotivo che non si capisce.
Chi di mestiere fa arte sa bene che lo spirito creativo ha bisogno di energia. Lavorare con gli altri da' energia.
Quando sei giovane l’inizio del lavoro e' legato a situazioni collettive. Quando avevo 22 anni e lavoravo al Male,
settimanale sublime di satira, il mio grande piacere erano le riunioni di redazione. Trovarsi in una grande stanza,
intorno a un tavolone da disegno di 4 metri per 8, insieme a Pino Zac, Angese, Vincino, Scozzari, Perini, Liberatore,
Pazienza, Cinzia Leone (la disegnatrice e scrittrice, non l’attrice), Cagni (Carlo Zaccagnini) Mattioli, Pasquini,
Sferra, Tamburini e altri notevoli ingegni, era un piacere, un fuoco d’artificio di idee che venivano buttate via tra
gli schiamazzi e gli insulti. Un gioco che improvvisamente diventava metodico, istericamente dedito alla cura dei
particolari, ordinato e disciplinato come e' a tratti il gioco dei bambini. Era come se dovessimo scavare una montagna,
tirando fuori tutte le idee stupide fino a quando emergevano i diamanti delle idee geniali.
Questa era la cosa che mi piaceva di piu', molto piu' del successo.
C’era la magnificenza di uno stato di grazia collettivo, la sacralita' di questo fondersi mentalmente fino a creare una
macchina capace di portarci laddove nessuno di noi sarebbe riuscito ad arrivare da solo.
E le idee che nascevano cosi' avevano una forza comica talmente forte che furono capaci di paralizzare gli eserciti
della noia malvagia.
E non lo dico per dire. I fatti sono la prova.
Penso che tu possa immaginare che esistano decine di leggi che mi impediscono di stampare centocinquantamila copie del
Corriere della Sera e venderle in edicola guadagnandoci sopra spudoratamente. C’e' furto, truffa, appropriazione
indebita, violazione di tutti i diritti d’autore, violenza privata, millantato credito, raggiro, circonvenzione di
incapace e chissa' cos’altro. Non so se hai idea di che belve siano gli avvocati del Corriere… Fanno paura.
Se poi sul falso Corriere della Sera ci scrivi oscenita' tipo: “La finalissima dei Mondiali, persa dall’Italia, e' stata
annullata perche' i brasiliani si sono masturbati negli spogliatoi prima di scendere in campo”, ai reati sopraddetti si
aggiunge il turpiloquio, l’oscenita' in luogo pubblico o comunque aperto al pubblico compiuta da una o piu' persone
contemporaneamente allo scopo di sovvertire l’ordine pubblico, l’associazione criminale e forse pure la banda armata.
Aggiungiamo che era il ’78, avevano ammazzato Moro, Prima Linea sparava per le strade, la Digos abbatteva i terroristi
senza processo con una raffica di mitra, e si puo' capire che non era il periodo adatto per fare i cretini.
Noi decidiamo di uscire in edicola con una serie di falsi osceni del Corriere della Sera, La Repubblica, Il Corriere
dello Sport, La Stampa. E ci scriviamo sopra delle cose pazzesche:
Annullati i Mondiali
Lo Stato si e' estinto
Sbarcati gli extraterrestri in Brianza
E’ Tognazzi il capo delle Brigate Rosse (Vianello commenta: “Lo sospettavo!”)
Io ero convinto che saremmo finiti tutti in prigione per questa follia iconoclasta. E mi andava bene cosi'. Ci si
giocava il tutto per tutto. Il processo sarebbe stato veramente divertente. Gli anni di carcere forse no ma ne valeva la
pena. Invece la gente inizio' a ridere, a ridere tanto forte che divenne un fenomeno di massa. Era pieno di buontemponi
che usavano i nostri quotidiani falsi per fare scherzi ad altre persone, che poi correvano all’edicola a comprare una
copia del Male per fare pure loro uno scherzo. Un virus. E incredibilmente neanche Agnelli, che era il re d’Italia ed
era veramente cattivo, ci denuncio' per il falso della Stampa.
Ora io vorrei osservare che questa nostra impunita' era proprio un fatto incredibile. Avevamo colto nel segno comico e
avevamo cosi' dimostrato che perfino le leggi piu' sacre, quelle sulla proprieta', si vaporizzano se sei capace di
produrre un sufficiente livello di shock comico, se tocchi vertici della qualita'. Perche' i nostri falsi erano
tecnicamente perfetti.
Se avessimo lavorato solo un briciolo al di sotto di quel livello ci avrebbero fucilati tutti.
Intendiamoci, erano furenti. Incazzati come iene alle quali hanno schiacciato i coglioni. Ci venivano anche addosso, ma
senza convinzione.
Tutta la redazione si fece mezza nottata in cella perche' avevamo fatto un discorso del Papa, imitando Wojtyla che
parlava per la prima volta come pontefice, dal balcone di via Lorenzo Valla, dove una palazzina a 3 piani era la sede
del giornale. Perini, in costume, faceva il Papa. Ci serviva per un servizio fotografico. Stava in mezzo a due suore che
erano uno schianto, Sferra era il chierichetto.
Io, avevo avuto l’idea e, colpo di culo, esco dalla redazione un minuto prima che arrivino le volanti della polizia che
si portano via tutti. Da quel giorno Perini mi ha odiato. E comunque la polizia impiego' otto ore a capire che non
esiste reato se ti affacci alla finestra di casa tua vestito da Papa e parli alle masse. Per giunta alle 5 del
pomeriggio, in via Lorenzo Valla che non ci passa nessuno. Che reato e'?
Non lo sapevano.
Un’altra volta pubblicammo la mappa dell’isola dell’Asinara, dove c’era un carcere di massima sicurezza pieno di
brigatisti rossi.
Arrivo' al giornale la Digos in assetto di guerra, erano convinti di dare l’assalto a un covo terrorista. Urlavano che
avevamo pubblicato una mappa coperta da segreto militare e che dovevamo assolutamente dire come ne eravamo entrati in
possesso. L’idea di pubblicare la mappa dell’Asinara con un piano di fuga idiota, non l’avevo avuta io. Comunque, colpo
di culo, ero andato al bar a farmi un cappuccino con 3 cornetti alla marmellata, per cui al momento non ero presente, me
l’hanno raccontata. Perini prese a odiarmi di piu'.
Il nostro avvocato impiego' due ore a spiegare alla Digos che la pubblicazione della mappa dell’Asinara non
rappresentava nessun episodio di spionaggio, violazione del segreto militare, terrorismo, banda armata, attentato alla
costituzione repubblicana o altro, per via che la mappa l’avevamo semplicemente presa dall’atlante De Agostini, che non
rompessero le palle. Vendevamo mediamente 80 mila copie la settimana ed eravamo talmente simpatici che per noi
lavoravano gratis degli avvocati che avevano il codice penale al posto del cuore e sapevano tirare di karate'.
Ogni tanto ripenso alle vignette che facevo. Certo mi sono fatto la fama del pazzo, e la pago ancora, ma era veramente
incredibile che ce lo lasciassero fare. Andavamo contro tutti i tabu', disegni osceni, battute indecorose sui morti e
sui feriti, eravamo iconoclasti, distruttori della pace mentale, provocatori ironici, spietati, irriverenti, maleducati,
volgari, sporchi. Il titolo della rivista, Il Male, era la promessa di uno schiaffo alle idee perbeniste che
nascondevano gli orrori di un’Italia nella quale la tortura era all’ordine del giorno nelle carceri e negli ospedali
psichiatrici. Un’Italia dove i potenti avevano il diritto di ammazzare centinaia di operai nei reparti verniciatura e
non riuscivi neanche a far iniziare un processo.
Il giornale fu sequestrato per un centinaio di volte. Ma era una cosa ridicola. Noi sapevamo che a denunciarci era un
gruppo di esaltati dell’Aquila. Appena il giornale andava in edicola lo compravano e andavano a denunciarci in tribunale
per oscenita', vilipendio della religione di Stato, vilipendio di capo di stato straniero, vilipendio del Presidente
della Repubblica Italiana, vilipendio della Magistratura, vilipendio delle Forze dell’Ordine, turpiloquio, pornografia,
ateismo, paganesimo, istigazione a delinquere, coprofilia e uso evidente di sostanze stupefacenti.
Allora noi a L’Aquila il giornale lo mandavamo con un giorno di ritardo, cosi' quando arrivavano a sequestrarlo i
carabinieri, era gia' bello che distribuito ovunque. A quel punto entravano in gioco gli edicolanti, che ci adoravano, e
nascondevano le copie e dicevano agli agenti che le avevano gia' vendute tutte. Poi le spacciavano clandestinamente a
clienti con i quali avevano patti corsi di fedelta' e silenzio.
Ci sequestravano tutte le settimane e vendevamo 80 mila copie lo stesso. Impossibile anche questo.
Io, modestamente, mi beccai 87 denunce, piazzandomi al primo posto della Hit Parade, ma siccome mi firmavo Giovanni
Karen, quando arrivava la notifica dicevamo che non mi conoscevano.
Tutto sto racconto rievocativo per dire che la magia dell’arte e' proprio magica. E dirlo non e' banale, e' esperienza,
e' una roba che viverla da' tanto. Ma proprio tanto. Cose che te le porti nella tomba, mica come le Rolls Royce, che
tocca che le lasci qui.
Quello che e' successo in questi giorni e' stato vedere assieme musicisti e cantanti straordinari, danzatori, web
master, fonici, pittori, scrittori, musicoterapisti, massaggiatori, poeti, fotografi, videoteppisti, tutti a ballare, a
chiacchierare mangiando i cibi cucinati da Angela Labellarte e Beatrice Faccini, ridere e scherzare in amicizia.
Le idee hanno iniziato a venir fuori a raffica e io ho risentito quel feeling potente.
E credo con ancor piu' forza che questa sia la via che dobbiamo perseguire.
Ad Alcatraz organizzeremo altri incontri con l’obiettivo di mettere insieme grandi appassionati professionisti di
diverse scuole, dall’ingegnere al claun, e goderci lo spettacolo della creativita' che inizia a girare.
Sospetto che se seguiremo questa strada avremo molte sorprese oltre a divertirci e assaporare il gusto del pensiero di
gruppo.
Abbiamo bisogno di idee virali, di giochi assurdi che coinvolgano le persone emotivamente per stare meglio noi e anche
per far saltare il punto di vista grigio che sta asfissiando l’Italia. Abbiamo bisogno di radunare un pugno di eroi per
creare un vortice comico.
Noi combattiamo sul fronte del gioco.
Per inciso la frase di apertura di questo pezzo, sulla sfida dell’arte che toglie valore a ogni altra difficolta' e'
stata scritta da Friedl Dikers-Brandeis, grande pittrice, mentre era detenuta nel campo di sterminio di Therensiestadt.
E la scrisse dopo che era riuscita, incredibile, a farsi dare dall’assassino che dirigeva il campo, una stanza, colori,
pennelli e carta per tenere un corso di pittura per i bambini che quei mostri stavano uccidendo. Impossibile. Lei mori'
in quel campo, i suoi allievi morirono. Tutti eccetto due bambine che poi divennero pittrici.
PS
Ringrazio con tutto il cuore Imad Zelala e Nando Citarella che hanno organizzato e gestito il festival
(http://www.alcatraz.it/ut_festival.html) e Tony Esposito, Carlo Faiello, Sergio Laccone e i Sud Sound System con i
quali in questi due primi giorni di festival ho trascorso momenti impagabili.
Musicali venti provenienti dal mare
Giovedì 27 maggio ha debuttato al teatro Ghione di Roma Nando Citarella e i tamburi del Vesuvio (Gabriella Aiello, Carlo
Cossu, Alejandro Floridia, Lorenzo Gabriele, Gabriele Gagliarini, Riccardo Medile. Danzatori: Cristina Benitez, Stefano
Fraschetti, Nathalie Leclerc, Valentina Mahira, Lavinia Mancusi) insieme all'Oriental Dance Group (Ahnais, Silvia
Avitabile, Stefania Di Dio, Carlotta Mecozzi, Federica Monterumici, Amaranta Pannella, Giulia Piccone) con ospiti M°
Benedetto Palombo, laboratorio percussioni popolari "Cymbalus". Nando Citarella, vanta esperienze da musicista, attore,
cantante e studioso delle tradizioni popolari, teatrali e coreutico-musicali mediterranee. Un artista a tutto campo
insomma. Quello a cui si assiste, la sera di giovedì (e di venerdì) è un itinerario dell'anima attraverso la musica. Si
apre il sipario e comincia il viaggio. Sulla scena un ambiente fumoso dal quale emergono delle figure di uomini che
suonano gli strumenti più variegati. Si comincia recitando in spagnolo parlando del cammino di Santiago e da lì è un
susseguirsi di lingue e dialetti più disparati. Alla musica fanno da cornice le splendide coreografie interpretate da
donne sensuali e suadenti. Dalla danza del ventre con i ventagli si passa al Flamenco per arrivare alle maschere della
commedia (grande generosità di palco viene data a queste figure femminili). I costumi stile mille e una notte
contribuiscono a creare un'atmosfera da sogno. Grandi protagonisti dello spettacolo sono gli strumenti: dalle nacchere,
ai ventagli fino ai tamburi. E' un continuo susseguirsi di ritmo che crea grande coinvolgimento nel pubblico in sala il
quale partecipa con vero entusiasmo. Attraverso le vibrazioni strumentali e canore si portano sulla scena le tradizioni
delle varie dominazioni subite dalle svariate civiltà che hanno sfiorato la nostra terra. Dall'oriente al più
occidentale mondo andaluso passando ovviamente per quello arabo. C'è tutta la migliore tradizione campana e a volte pare
proprio sentire nell'aria quell'odore di terra lavica che solo in quei posti è possibile avvertire, e di tutto quel
meridione a volte un pò zingaresco dovuto al miscuglio delle varie etnie che l'hanno attraversato lasciandone qualcosa.
E' un mondo di contaminazione quello espresso dai tamburi di Citarella, il più bel discorso, senza parole troppo spesso
retoriche, fatto sulla multietnicità del nostro Paese. Nando Citarella, durante una conferenza presso l'Università di
Rio de Janeiro su "Sincretismi religiosi e Sinergie musicali" dice: "Percorrendo gli itinerari delle feste popolari,
religiose e non, si possono incontrare persone provenienti da paesi diversi dal nostro (Turchia, Marocco, Senegal,
Albania, India, Brasile, Cuba ecc.), le quali si integrano in quello che per loro è un esempio culturale che sembra
evocare, nonostante la diversità, le proprie realtà d'origine. Non è un caso quindi che, durante le feste popolari del
nostro Sud i suoni di Djembè africani o di Masar e Bendir nord africani, si mescolino agli antichi ritmi delle
tammurriate e delle tarantelle". Si riesce a tenere tutti insieme, in un calderone fatto di suoni, danze e voci, tutto
ciò, rende questo spettacolo un meraviglioso viaggio nel mediterraneo. Tanti generi, tante "voci straniere" ma è il
Vesuvio a farla da padrone a diventare il grande tamburo che batte il tempo e regala quel respiro musicale che crea
un'atmosfera unica. Questo spettacolo è un vero e proprio studio di antropologia applicata. Una silloge di colori,
emozioni e brividi diversi. Dalla collaborazione di artisti provenienti dalle realtà etniche più varie e dalla direzione
di Nando Citarella è nato un linguaggio multietnico antico e moderno al tempo stesso. Che affonda nelle radici della
tradizione più antica riportandola a nuovo splendore. A questo spettacolo riesce davvero difficile restare seduti su una
poltrona anzi è come se la famosa quarta parete non ci fosse mai stata. Uno spettacolo-concerto da vivere possibilmente
in piedi concludendo con una danza corale e perchè no magari augurale. La dimostrazione di come la musica pur
riconoscendo la "diversità" ne faccia fonte di arricchimento oltre ogni barriera culturale e anzi preservi l'esistenza
della stessa. Citarella a fine serata durante i ringraziamenti dice: "Grazie a questi ragazzi che portano avanti la
tradizione del nostro mare". Grazie a lui, è il caso di dirlo, per ricordarci da dove veniamo.
Veronica Centamore
Servizio Civile Magazine
Come da programma, nonostante il freddo quasi invernale di venerdì, Nando Citarella e i “Tamburi del Vesuvio” si sono
esibiti in Piazza Aldo Moro, cantando e ballando le canzoni campane e di tutta l’Italia centro-meridionale.
Un’esibizione eccellente, avvalorata dalla bravura dei singoli componenti del gruppo, dalla straordinaria voce femminile
e dal “coraggio” della ballerina di danza del ventre che, con vestiti leggerissimi e scollatissimi ha danzato leggiadra,
come se niente fosse, sulle note dei “Tamburi” di Nando Citarella.
Con la grinta e il calore che li contraddistinguono, i “Tamburi” hanno riscaldato le, purtroppo, poche persone che hanno
sfidato il freddo, accorse per assistere alla loro esibizione, che sono state ripagate a dovere.
Il progetto di Nando Citarella e dei “Tamburi del Vesuvio” è nato nel 1994 per dare voce alle contaminazioni
etnico-culturali espresse dalla realtà sociale italiana. In questi anni Nando Citarella ha creato un linguaggio che lo
contraddistingue, una qualità espressiva che rende la musica dei “Tamburi” antica e moderna allo stesso tempo, in un
continuo viaggio senza tempo.
Sperando che le promesse fatte durante la conferenza siano mantenute, e che quindi l’anno prossimo questo importante
Festival sarà fatto ancora una volta, magari in estate, ci auguriamo di vedere di nuovo Nando Citarella e i Tamburi del
Vesuvio in una piazza gremita di gente.
Un successo sotto ogni profilo. E’ quello ottenuto da “Mozart al chiaro di Luna”, ovvero “Otto serenate mozartiane,
interpretate alla maniera del cantastorie da tre cantanti-attori con voce naturale, raccontate da un fine dicitore e
accompagnate da Piccolo concertino strumentale”.
L’evento ha avuto luogo lunedì sera all’Eremo delle Fate in località Licina, ideale cornice per la manifestazione, per
gentile concessione dei padroni di casa, Anna e Giorgio Marini.
Lo spettacolo, della durata di un’ora circa, prende vita da un’idea di Giandomenico Curi e Nando Citarella, grosso
esponente della tradizione popolare e della musica dell’Italia centrale e meridionale. Le più belle musiche di Mozart
vengono riproposte in chiave napoletana, alla maniera dei cantastorie. L’accostamento, sia pur azzardato, ha riscosso
ampi consensi da parte dei molti spettatori accorsi alla manifestazione, fra i quali anche l’assessore alla Cultura del
Comune di Spoleto Giorgio Flamini. “Non ci sono confini tra il classico ed il popolare – ha commentato l’assessore a
fine spettacolo – abbiamo assistito a qualcosa di fantastico”.
Con “Mozart al chiaro di Luna” si è presentata ufficialmente al pubblico l’associazione culturale “Gulliver”, alla cui
vicepresidente Cinzia Stella si deve in gran parte la realizzazione dell’evento.
Un ringraziamento particolare va anche all’associazione culturale “Musici artis Umbria” di Egidio Flamini, oltre a “La
Paranza”, l’Imaie e il “Casale musicale Campaneschi”.
Da Nocera Inferiore a Betlemme per cantare in mondovisione la mattina del 25 dicembre. Sarà Nando Citarella, noto al
grande pubblico per aver vestito i panni del giullare di ''Domenica In'', il protagonista del concerto di Natale che
sarà irradiato in tutto il mondo dalla Terra Santa. Un moto d'orgoglio si leva da Nocera Inferiore che, insieme a
Domenico Rea, Giò Marrazzo e Ciccillo Iovane, vanta l'onore di aver visto venire alla luce, il 18 novembre del 1959, un
talento pari a pochi altri. Un talento che anche l'Unesco ha recentemente riconosciuto, investendo Citarella di
un'onorificenza che ne fa l'ideale ambasciatore delle tradizioni popolari del nostro Sud nel mondo. La riproposizione
della napoletanità nei suoi aspetti più singolari, tragicomici e mai a noi così vicini, la connotazione del personaggio
di strada che è anche ottimo interprete di una sceneggiatura teatrale, l'abilità di perpetrare la poliedricità
dell'arte: tutto questo, e molto di più, è Nando Citarella. Musicista, attore, cantante e studioso delle tradizioni
popolari, teatrali e coreutiche-musicali mediterranee, Nando Citarella (e-mail: citarellatdv@tin.it) ha studiato e
collaborato con importanti artisti come Eduardo De Filippo, Dario Fo, Linnsday Kemp, Roberto De Simone, Ugo Gregoretti.
Nel 1981 vince il premio della critica discografica. Dall'82 all'87 è protagonista di opere buffe, commedie musicali e
concerti in ogni angolo del mondo. Dal 1987 è direttore artistico della Compagnia ''La Paranza'', da lui fondata insieme
ad un gruppo di esperti in tradizioni popolari. E' nel 1989 che incontra Pippo Baudo. Nel '91 è il giullare di
''Domenica In''. In seguito partecipa a ''Partita Doppia'', al ''Gioco dell'oca'' con Gigi Sabani e di nuovo come
giullare a ''Luna Park'' con la zingara Cloris Brosca. La sua arte è poliedrica: se con ''Vaffaticà'' ci consente di
percepire gli odori di Napoli, dei vicoli stretti ed affollati, con il progetto ''Tamburi del Vesuvio'' trae ispirazione
dalle contaminazioni etno-culturali che riescono a fondere le feste popolari, religiose e non, con il bagaglio che
arriva dalla Tunisia, dal Senegal, dall'Albania, dall'India, dal Brasile. Il Comune di Nocera Inferiore gli sta
preparando un prestigioso riconoscimento da tributargli anche in concomitanza con le 25 candeline di carriera che Nando
spegnerà con l'ingresso del 2004.
sabato 22 novembre 2003
Sabbia rossa, torre saracena, uliveto centenario, rocce a strapiombo su un mare cristallino, macchia mediterranea, odore
di salsedine, sole, polvere, mirto e rosmarino ed infine tamburi che sullo sfondo rullano tutto il giorno.
La XII edizione dello Stage internazionale sulle tradizioni popolari dell’Italia, della Grecia, dell’Africa, dell’India,
dell’America Latina e del Mondo Arabo”Vacanze Etniche” organizzata dalla Accademica Musicale Interamnense sotto la
direzione artistica di Nando Citarella si e’ svolta in questo scenario imprevedibile ma che spesso il nostro paese ci
riserva come sorpresa.
L’intera settimana di lavoro e’ stata caratterizzata da questa atmosfera di altri luoghi ed altri tempi. Ogni spazio del
villaggio che ospitava l’iniziativa offriva diverse tecniche e modi di ricercare. Da un lato Saad Ismail con le sue
ragazze al lavoro con la danza del ventre, dall’altro Vassilis Polizois con le danze greche. Ed ancora Carina con il
tango e Walter Da Costa con la capoeira. Steve Emejeru con le danze africane tradizionali con due corsi uno per gli
adulti ed uno per i bambini. Ed infine Nando Citarella che, magico come sempre, riusciva a coniugare danza, canto, mimo,
percussioni ed altro nei suoi corsi di danza, canto popolare e percussione.
Alla danza ed al movimento, corrispondeva una forte sezione dedicata alle percussioni dove Abdalla Mohamed insegnava
percussioni arabe, Stefano Rossini percussioni brasiliane e Ruggero Artale completava con le percussioni africane, oltre
allo studio della tammorra con Nando Citarella. Grande cura era stata data anche alla logistica delle varie classi, in
particolare lo spazio per la percussione creato in mezzo alla macchia, ha enormemente contribuito ad un effetto intenso
e conturbante che faceva perdere la nozione del tempo e del luogo.
La sorprendente varieta’ di discipline con corsi a piu’ livelli, inclusi quelli per i bambini, ha fatto si’ che i 250
partecipanti di varie provenienze ed eta’si ritrovassero in una dinamica di continuo scambio, con professionisti e non,
amanti della materia che approfondivano le loro conoscenze e nuovi adepti alla scoperta di segrete passioni al lavoro
gomito a gomito nelle stesse classi.
Elemento unificatore di tutta questa tensione la grande voglia di stare insieme e fare musica, danza ed arte, di
ricercare diversi e nuovi modi di contatto e scambio attraverso linguaggi differenti ma fra loro commensurabili. Questo
lavoro si riscontrava e riaffermava ogni sera alla fine della giornata quando allievi ed insegnanti a turno hanno
animato un evento comune permettendo ad ogni partecipante di sperimentare con semplicita’ il passaggio da studente a
musicista/ballerino/attore per ritornare poi ad essere studente. L’esperienza forte ed intensa ha da un lato confermato
il senso della propria ricerca ed allo stesso tempo illustrato il piacere dello scambio, di passare ad altri le proprie
emozioni ed infine la ricchezza del mettere insieme sensazioni e benessere; in realta’, la capacita’di restituire quello
che si e’ ricevuto, di rimettere in circolo emozioni forti e liberatorie che aggregano e aiutano il singolo a
riconoscersi nell’altro.
Ma questa e’ forse la grande ricchezza di Nando Citarella! La sua grande conoscenza di teatro, musica, canto, il suo
essere “attore” in modo totale, epidermico, gli permette di poter restituire generosamente agli altri un modo di fare
teatro, di accostarsi all’arte, aperto ed accessibile ad ognuno secondo i propri ritmi, le proprie potenzialita’. Allora
non e’ piu’ il livello la meta da perseguire quanto il modo. Un nuovo modo di intendere l’arte, in cui la capacita’ di
esprimersi, di tirare fuori da se stessi la propria arte, la propria capacita’ di sentire, diventano l’obbiettivo
primario, la meta verso la quale tendere. Cio’ non vuole negare l’importanza e la necessita’ di studio, approfondimento
e specializzazione, sicuramente attributi fondamentali di coloro i quali intendono percorre la via del professionismo,
bensi’ riconoscere la ricchezza e la capacita’ di ognuno di ritrovare in se stessi una “propria dimensione artistica”.
Forse il riconoscimento della importanza per un maestro di essere capace di esercitare la maieutica se vuole prima di
tutto essere il creatore di “espressione di arte” che va al di la’ del singolo e del momento: un istante magico che ha
del religioso, del soprannaturale e che e’ sicuramente nascosto nell’animo di ognuno ma che non tutti sono capaci di
scoprire e far venire fuori da soli.
Ed ancora il recupero di un teatro dell’arte che innanzitutto si basava su una forte spontaneita’ ed immediatezza del
sentire. In conclusione, a nostro avviso, l’esperienza di questa settimana e del lavoro portato avanti da Nando
Citarella, si caratterizza per un suo nuovo modo, generoso, di mettere l’arte alla portata di tutti, innovativo ma che
si rifa’ ad una prassi vecchia che non andrebbe abbandonata, anzi riesplorata con l’intento di recuperarne l’uso per
renderne l’utilizzo alla portata di piu’ persone possibili senza ambizioni irraggiungibili quanto piuttosto per
l’arricchimento del proprio animo e per una migliore qualita’ di vita.
Barbara Terenzi
(antropologa)
Sto percorrendo il viale che dall’ingresso porta all’anfiteatro del Villaggio che ospita la dodicesima edizione dello
stage internazionale sulle tradizioni popolari del mondo e a poco a poco comincio a sentire il ritmo Saidi Maxum che
ostinatamente avvolge il popolo danzante di Etnie.
Arrivo ai primi bungalow e da uno di essi sbucano due donne vestite da odalische con veli e sonagli e con passo fluido
mi affiancano e mi superano movendo il bacino e le braccia in modo asimmetrico;
dal lato opposto alcuni ragazzi con in mano darbukke , djembé e tammorre si uniscono ad esse stimolandole al ballo e
unendosi al ritmo flebile spariscono nella penombra mentre da lontano un rosso magenta intenso si riflette sul mare e
sembra far danzare la scogliera con il ritmo delle onde, che dalla caletta bianca sale fino alle spalle dei suonatori.
Passo sopra la terrazza della piscina (luogo deputato alla danza da mattina a sera) e quel mattonato vede e sente
alternarsi sopra esso piedi che macinano ritmi, controtempi e balzi, che partono dalle danze in cerchio del Peloponneso
ansimando sotto le anche della danza Orientale Saidi e roteando sotto la spinta degli adduttori e reni della Capoeira e
mi par d’udire ancora le voci dei Maestri che parlano il greco l’arabo il portoghese, mischiandolo all’Italiano
facendolo sembrare una strana forma di volgare delle novelle del Boccaccio o dell’Aretino.
Mi fermo e al mio senso dell’udito ora si è unito quello della vista e dai cespugli di ibiscus si intravedono le
danzatrici istigate dal Dio Pan (Saad Ismail) che con la sua voce quasi a frustarle le induce al ballo mentre la gente
intorno guarda, ammicca e sembra restia al coinvolgimento odo un altro urlo “ENERGIA”!!!
Saad sembra il domatore che al centro del tendone scuote i felini ma non c’è ne l’uno ne l’altro: è solo il suo battito
di mani che schioccante fa alzare gli altri che vengono fagocitati dal ballo.
Proseguo per oltrepassare la parte posteriore dell’anfiteatro e mi ritrovo sulla scogliera dove scorgo sul vicino
promontorio un fuoco con delle figure che sembra saltino sopra le lingue che si alzano dal terreno e in controluce vedo
un ragazzo di colore (Meste Cobra) che sembra stia tendendo l’arco per far partire un dardo verso il cielo tra il rosso
e il nero del tramonto, e non è altro che il suo strumento il Berimbao che accompagnato da due Pandeiros scandisce il
ritmo dell’antica danza guerresca Nordestinha Brasileira la “Capoeira” e che vede uomini, donne e bambini volteggiare
nell’aria mentre gli strumenti cambiano mani e le figure simili a quelle delle marionette del teatro delle Ombre
continuano la danza simulando una lotta che da millenni è simbolo d’amicizia.
Questo è forse un breve sogno immaginato in una cala della Terra dei Briganti(che di Lotte tante ne fecero) qui nel
cilento antico terra di Parmenide, Velia e Kamaraton nonché terra di Ciclopi raccontati da quell’Oméro che fece cadere
in quelle acque il timoniere di Nessuno innamorato e rapito dal canto di quelle splendide Sirene.
Così molta gente che da anni viene a trovarci per apprendere rudimenti e approfondimenti sulla musica delle nostre
radici (quelle comuni non divise ne politicamente ne geograficamente) ma con tante affinità Voce, Corpo, Suono, Ritmo,
Festa e Rito che spesso sono radicate in noi ma che altrettanto spesso noi facciamo finta di non conoscere….mentre il
soffio del vento gonfia le vele della memoria.
Un Grazie ai miei Amici e Maestri che dall’inizio e ancora oggi dopo quasi 20 anni hanno creduto e credono in questo
progetto che continua a navigare grazie al sostegno morale e materiale che tutti i partecipanti ci danno per far
crescere e migliorare ETNIE.
La Direzione artistica è di Nando Citarella
La Direzione organizzativa è di Milena Giannoni
La segreteria amministrativa e logistica è di Silvia Marzi
Tecnica e fonica di Giovanni Binni
“Personal chef”: Palma
Il Villaggio che ci ospita da quattro anni e il VILLAMARINA a Marina di Camerata (SA)
Fin da ragazzo ho assistito spesse volte a questa bellissima festa notturna che si tiene ancor oggi nelle campagne di
Nocera de' Pagani.
Nella memoria vedo ancora la figura di Virginia ('A Miciogna (mia zia) che insieme a Zì 'Ntonio 'O Cianco (il mancino),
a Zi Vicienzo e Zì Giannino suonavano e cantavano dalle 11 di sera alle 7-8 del mattino interrompendosi di tanto in
tanto, per rendere omaggio alla Madonna Assunta nel Santuario di Materdomini.
A chi per la prima volta si reca a questa festa il viaggio può sembrare lungo e invece nel ricordo rimane breve, quasi
un sogno popolato di Giuvenielli e vicchiarielli che vanno espressamente per danzare in onore della Madonna.
Comitive intere che dalle 8-9 in poi si incamminano per le carraie di campagna e senza che chiedete nulla vi indicano
nel buio la strada da seguire, infatti se siete forestieri basta che seguiate le Paranze nell'oscurità delle campagne,
sapendo che tutti quella notte respirano la stessa meta.
Improvvisamente vi trovate come davanti ad un'antica porta di città, in salita, dove una grande folla di persone cammina
su due file in un corridoio di tavole imbandite di frutta,carne verdure, Pere e 'o Musso, pasta crisciuta e palatelle
d''a Maronna, tutto tra foglie di limoni e mille odori.
Spinti da questo corpo di folla, si arriva finalmente al santuario,luogo santo, dove una grande facciata illuminata da
sulle porte del tempio spalancato dove all'interno, verso oriente vi è l'immagine venerata e dove fino a vent'anni
addietro tutti passavano dinanzi al trono e chi genuflesso, chi in piedi cantando a Fronna 'e Limone e per devozione
deponeva davanti all'immagine sacra un dono (cibo o prodotti della terra) che loro stessi preparavano.
Molti iniziavano il canto chiamandola Signò uoi Rosa d'Argento, Rosa d'Ammore.
Tutti sfregano con fazzoletti e tovaglie la pietra che sta alle sue spalle e poi si toccano il collo, la testa, il viso
quasi a trasmettere l'essenza magica e divina della pietra.
Uscendo fuori dal santuari , la stessa gente viene risucchiata nell'incredibile vortice ritmico del TAMMURRO il magico
strumento che caratterizza questa festa (e tante altre), e dove suonatori e cantatori uniti ai ballerini VIECCHI E
GUAGLIUNI, incominciano a dimenarsi in una danza che con il passare delle ore si fa sempre più avvenente fino quasi a
far impazzire le membra del corpo e dove la gente che forma i capannelli viene assalita da questo ritmo che prende tutti
dai capelli ai piedi fino a far perdere lo sguardo nel vuoto.
Oggi sono passati 34 anni e la festa è sempre la stessa quest'anno mentre suonavo la mano sul tammurro c'era un vecchio
amico di mia zia Virginia (che non ci sta cchiù), Zi Fedele, che cantava sul ritmo e, mentre si divertiva a fare ciò,
cantando mi ha detto “Nandù Aiza ll'uocchie e vir 'o cielo”.
Era schiarata matina ed erano passate 7 ore e NUIE SUNAVEMO ANCORA.